Il Grido delle radici

Fabrizio SperaConcerts Reviews

Fabio Ciminiera – Jazz Convention

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Dalle tradizioni profonde del blues alle esplosioni sonore del free: una rilettura mediata da una gestione ritmica legata agli accenti, nella maggior parte dei casi, e sensibile nel tracciare un binario solido per i solisti. Una rilettura pensata per mettere in luce il significato e l’attualità del blues e per farli incontrare con i ritmi e le suggestioni del Sud del mondo, con i passi di danza dei Caraibi e le reminiscenze africane.
«Per Charley Patton il dilemma presente nel brano, il dilemma tra andare e restare, si traduce in pratica nella scelta di rimanere con i guai già conosciuti oppure andare altrove e incontrare nuovi guai.» Fabrizio Spera presenta così Down The Dirt Road Blues di Charley Patton e mette subito in luce la natura rurale e ancestrale del repertorio scelto. Il viaggio del quartetto prende le mosse dal Delta del Mississippi, dalle profondità più ataviche del linguaggio, dai suoi protagonisti come Blind Willie Johnson o Charley Patton, e ne segue il filo che conduce alle derive libere di John Carter passando per Sun Ra, Julius Hemphill e Henry Threadgill.
La dimensione pianoless mette ancor più in luce le motivazioni del progetto: la fedeltà alle radici del blues e il richiamo alle libertà armoniche del free si combinano in una serie di elementi funzionali al discorso del quartetto. Una musica ruggente e dolorosa e, al tempo stesso, accogliente nella sua capacità di racconto. evocativa di emozioni e stati d’animo. Il quartetto non mette l’accento sulla declinazione più estrema del free e preferisce accompagnare le melodie in modo più leggibile, più vicino al blues se si vuole. Ne viene così fuori una efficace lettura del nome dato alla formazione, il ritmo delle radici si unisce con la dimensione seducente delle melodie del free e con la potenza contenuta nelle composizioni dei suoi alfieri. La dimensione più nervosa viene stemperata dal passo riflessivo del blues. Il senso intimo dei brani e, di conseguenza, dell’intero concerto richiama così in maniera naturale la forza dei testi cantati da Robert Johnson agli incroci delle strade di campagna: i temi affrontati raccontano una dimensione del tutto congenita allo spirito umano, estremamente attuale ancora ai nostri giorni, sia pure con le differenze presenti tra i diseredati di ieri e di oggi. Lo scenario preparato per il concerto dall’Associazione Grido si pone perfettamente in tema con la dimensione di rurale di parte del repertorio: l’aia della Cantina Di Giovanpietro è la platea, la “capanna”, la tipica vigna del territorio abruzzese, offre lo sfondo per il rimorchio che funge da palco per i quattro musicisti.