By Neri Pollastri
Come secondo appuntamento del programma primaverile, è salita sul palco del Pinocchio Live Jazz una delle formazioni predilette dal pubblico del jazz club fiorentino, Roots Magic, per presentare Long Old Road, il suo ultimo lavoro appena uscito per Clean Feed.
Originariamente un quartetto composto dai clarinetti di Alberto Popolla e i sax di Errico De Fabritiis sostenuti dal contrabbasso di Gianfranco Tedeschi e dalla batteria di Fabrizio Spera, l’ensemble si è ormai stabilmente allargato a sestetto includendo due musicisti già ospitati nel precedente album Taking Root Among the Stars: Eugenio Colombo a sax soprano e flauto, e Francesco Lo Cascio al vibrafono. L’ampliamento è andato a tutto vantaggio della tavolozza sonora, adesso davvero molto variegata, senza contare che le straordinarie qualità tecniche e creative dei due neoentrati arricchiscono anche la costruzione delle trame.
Com’è nello stile della formazione, il programma (che seguiva la falsariga di quello del disco, con alcuni estratti dai precedenti) mescolava in modo coerentissimo composizioni originali e brani tratti dalle origini del jazz e del blues. Sono così passati pezzi di Bessie Smith, uno dei quali titola l’album, Rosa Lee Hill e Call Massey, accanto ad altri ispirati da figure non meno importanti della storia della musica nera, il tutto riletto in modo contemporaneo: le ance di Popolla e De Fabritiis a disegnare i temi con grande intensità dinamica, ora all’unisono e ora in contrappunto, sostenuti dalla forte spinta della ritmica, con ampi spazi di brillante e imprevedibile improvvisazione dettata da Colombo, al centro della scena, e screziata dagli interventi del vibrafono di Lo Cascio, ma nella quale tutti trovavano con grande libertà spazi di creativa espressività.
Da sottolineare due interessantissimi contrasti che hanno caratterizzato la performance: da un lato quello timbrico tra le tre ance, incentivato dall’uso del soprano ricurvo da parte di Colombo e dal frequente ricorrere al clarinetto basso e al baritono da parte rispettivamente di Popolla e De Fabritiis; dall’altro quello musicale tra la compatta potenza sonora espressa da ance e ritmica e gli scintillanti interventi di flauto e vibrafono.
Tutti bravissimi i protagonisti, tecnicamente ma anche nell’interazione all’interno di una musica molto serrata e tuttavia anche gioiosa e contagiosamente coinvolgente, come dimostrato dalla risposta dell’ampio pubblico presente alla serata. Una formazione che a quasi dieci anni dal suo primo lavoro continua a crescere e affascinare.